#ThisIsACoup, di Federico Delfino

Nel mio piccolo vorrei dare anche io un contributo al dibattito sulla crisi dell’Unione europea, proprio perché da giovane europeo che la vive quotidianamente, mai come oggi la vedo messa in discussione da più parti e verso un punto di non ritorno.

La cosiddetta crisi greca costituisce un po’ la cartina di tornasole di questa nostra unione, basata troppo su principi economici importanti dagli Stati Uniti piuttosto che facenti riferimento alle nostre peculiarità e tradizioni culturali.

È proprio da qui che voglio cominciare la mia analisi. Trovo paradossale che un istituto come il FMI, leggasi Stati Uniti d’America (basta vedere il funzionamento di tale istituto per capire come il ruolo degli americani sia monopolista) debbano entrare in gioco nel determinare le misure economiche che un Paese europeo membro debba intraprendere. Ma certo è che questo privilegio è stato garantito da noi europei proprio per una nostra debolezza comunitaria endemica.

Una vera unione di Stati avrebbe senza dubbio dovuto mantenere una situazione economica indipendente rispetto agli americani, creando un parallelo fondo monetario europeo per risolvere le questioni in casa propria anziché andare a rivolgersi al FMI, le cui riforme liberiste in cambio di aiuti economici contrastano con le nostre esigenze e la nostra storia.

Certo è che questo ruolo guida avrebbero dovuto assumerlo Germania, Francia e Italia, ovvero le economie più forti. Tuttavia abbiamo sempre preferito nasconderci dietro ad altri problemi di carattere nazionale, chiudendoci a riccio ognuno sulle proprie esigenze nazionali e rifiutando un carattere comunitario delle riforme. Alcune norme poi si sono rivelate del tutto inadeguate, penso al Fiscal compact, e hanno avvantaggiato solo alcune economie a scapito di altre.

Fatto sta che alla prima vera crisi finanziaria l’Europa è dilaniata. I cosiddetti PIGS (oppure se volete aggiungere l’Italia PIIGS) sono dovuti correre ai ripari imbevendo le loro politiche macroeconomiche con ricette neo-liberiste che ricordano le gli anni di Reagan e della Thatcher.

Alcuni PIGS/PIIGS come l’Irlanda (la cui economia è però fortemente imperniata sugli Investimenti esteri diretti) il Portogallo e la Spagna attuando le riforme imposte hanno si messo freno crisi, ma hanno distrutto l’impianto di welfare State che avevano costruito a fatica. Le conseguenze di queste politiche  “liberal” non hanno fatto altro che aumentare il tasso di disoccupazione, in particolar modo quella giovanile[1].

Sui libri di storia ho a più riprese studiato il significato di “pace punitiva”, con la quale si alludeva alla Conferenza di Pace di Parigi del 1919, quando la Germania non venne solo punita, ma umiliata per quanto aveva fatto durante il Primo conflitto mondiale. In quel caso le potenze vincitrici non compresero la pericolosità delle sanzioni, forse anche impauriti da un possibile dilagare della rivoluzione bolscevica.

Il contesto di oggi, ad un primo impatto, me lo ricorda. Un Paese economicamente vincitore (la Germania) che insieme ad altri piccoli staterelli imbevuti di russo-fobia (i baltici, la Finlandia e la Polonia) che non solo vogliono punire la Grecia, ma vogliono umiliarla per affermare la propria (presunta) superiorità. E poi c’è lo spettro di Tsipras, quello che socialdemocratici e popolari europei hanno chiamato “populismo”, come ad accostarlo a Fidsez, Jobbik, Alba Dorata, Ultranazionalisti polacchi ecc…

Il problema dell’Europa secondo loro si chiama Alexis Tsipras, colui il quale vuole cancellare il processo di formazione europeo al quale fanno credere di tenere così tanto. Forse sbaglio, ma non sono loro quelli che hanno eletto Presidente della Commissione europea Juncker? Si, proprio quel Juncker che ha aiutato gli armatori greci (e i finanzieri di mezza Europa) ad evadere le imposte in Grecia riparando in Lussemburgo, per poi dare lezioni di correttezza pochi mesi e richiamando al rispetto di assurde richieste economiche i greci dilaniati dalla crisi. E l’antieuropeista poi sarebbe Tsipras!

Francamente, al di là di ogni calcolo economico, una Grexit sarebbe davvero difficilmente percorribile (nonostante Schaeuble la indicasse come ipotesi prioritaria). I cari tedeschi hanno semplicemente voluto evitare che si creasse un precedente, colpendone uno per educarne 18 (caspita, mi trovo per la prima volta nella mia vita d’accordo con i grillini, sono impaurito, ma pensate che effetto fa il duetto Schaeuble-Merkel!!!). E come dice Paul Krugman, abbiamo imparato che ormai a far parte della zona Euro significa che se sgarri i creditori sono in grado di annientare la tua economia.

Chiuso ora il tavolo greco adesso si aprirà quello spagnolo, dove Podemos, dopo le città di Madrid e Barcellona e pronto a prendersi la Moncloa. Quello che succederà è difficilmente definibile. Credo che, seguendo un filo logico, la Grecia non sarà nuovamente in grado di pagare i debiti accumulati a causa degli sforzi enormi richiesti da questo ennesimo patto antieuropeo firmato a Bruxelles nei suoi confronti. E se Tsipras fallirà? State certi che né i socialdemocratici né tanto meno i popolari si prenderanno l’Acropoli, ma sarà il turno di Alba Dorata. Sì, lo faranno democraticamente, proprio come un austriaco non tanto tempo fa si prese la Germania.

Certo è che il referendum greco è stato un errore politico, perché non ha fatto altro che inasprire la posizione oltranzista dei tedeschi, ma bisogna anche riconoscere a Syriza di aver avuto il coraggio di farsi nuovamente legittimare dal popolo a perseguire quella linea politica, e che mentre alcuni Paesi europei, forse troppo tardi, si sono resi conto che se continuiamo così perdiamo quella cosa stupenda che è l’Europa unita. Al progetto europeo infatti, che si appoggi o meno Tsipras, la Merkel, la Germania o la Grecia è stato inferto un colpo terribile. E chissà se un giorno Schulz, Gabriel, Schaeuble e la Merkel, pericolosamente uniti contro la Grecia e Tsipras, perdoneranno mai i greci per aver inventato la democrazia…

Spero che qualcheduno condivida il mio pensiero, ma spero che altrettanti non lo facciano, perché il pregio principale della “nostra Unione europea” è stato quello di unire ciò che fino ad anni fa sembrava impossibile mettere insieme.

[1]              Per una visione d’insieme più completa richiamo a: T. Piketty, Il capitale nel XXI secolo, ed. Bompiani, 2013.

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