Due nodi da sciogliere perché l’Europa vada avanti, di Stefano Polli

Riceviamo da Stefano Polli, vicedirettore dell’ANSA

La drammatica crisi economica greca ha confermato purtroppo i nodi strutturali che impediscono la crescita dell’Europa e frenano la costruzione dell’Unione politica.

Da un lato una dottrina economica basata sulla sfiducia e sulla mancanza di visione e solidarietà. Dall’altro il metodo decisionale basato essenzialmente sul metodo intergovernativo con le Istituzioni che spesso intervengono a cose fatte.

“Ho sempre trovato la parola ‘Europa’ sulle labbra di chi, volendo qualcosa dagli altri, non osava chiederlo a nome suo”. Questa frase, molto attuale in questo momento di euroscetticismo crescente, e che potrebbe essere stata pronunciata da diversi politici europei (soprattutto del nord Europa) nelle fase più concitata del negoziato tra Atene e la Troika (chiamiamo le cose con il loro nome) è in realtà stata detta un secolo e mezzo fa, in pieno ottocento. Sembrerebbe che molte cose non sono cambiate.

Ma per fortuna non è così. L’Europa esiste ed è destinata ad andare avanti. A metà del guado della costruzione europea non ha senso voltarsi indietro. Quell’Europa che stava sulla sponda da cui siamo partiti non esiste più. Esiste solo quella sulla sponda che dobbiamo raggiungere anche se è ancora da costruire.

Sciogliamo quindi i due nodi che legano ancora l’Europa.

Per il primo nodo servono coraggio e visione, fiducia e solidarietà. Il rigore e l’austerità vanno bene se sono accompagnate da politiche di sviluppo e da investimenti europei. E questo è possibile soltanto andando avanti con politiche comuni, nuovi e più forti legami politici.

E questo si fa lasciando definitivamente il metodo intergovernativo e tornando con convinzione al metodo comunitario. Le cose si devono decidere a Bruxelles, non necessariamente a 28, ma magari con le cooperazioni rafforzate, con gruppi ridotti di Paesi che vanno avanti lasciando le porte aperte agli altri. Magari costruendo nuove e più forti Istituzioni dell’Eurogruppo e creando una dimensione politica vera e concreta intorno alla moneta unica.

Perché deve essere vera la frase di Roland Dumas, uno dei più grandi europeisti del novecento: “l’Europa è il futuro, qualsiasi altra politica è il passato”.

Il futuro è davanti a noi. Il resto è per i libri di storia. Compresa la frase citata all’inizio. A proposito: era di Otto Von Bismarck.

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