Riceviamo da Sandro Gozi, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per gli Affari e le Politiche Europee
Il negoziato che ha portato all’accordo sulla Grecia deve essere uno spartiacque per l’Unione Europea. Responsabilità e solidarietà hanno prevalso su chi voleva far uscire Atene dall’euro (e ci sono stati momenti in cui solo Italia, Francia e Cipro si opponevano alla Grexit), ma ora, tamponata l’emergenza, occorre riflettere su quello che deve cambiare in Unione Europea. Non c’è solamente un problema greco: c’è un problema europeo. Troppo poca governance politica, troppe divergenze economiche: insieme a una crescente sfiducia, tra Stati membri ma anche tra cittadini e istituzioni stesse della UE. È vero, alcuni passi avanti sono stati fatti, penso all’Unione bancaria, al Meccanismo europeo di Stabilità, alla politica monetaria della Banca centrale europea: tutte misure utilissime a evitare un futuro contagio come quello che abbiamo conosciuto pochi anni fa. Ma non può essere questo il destino della UE, non possiamo occuparci solo di emergenze e di crisi. Serve molto di più.
È per questo che abbiamo il dovere di insistere sulla convergenza reale delle economie europee. Non semplicemente e non solo una convergenza economica, ma anche sociale, fiscale e finanziaria. Dobbiamo naturalmente rispettare le regole che ci siamo dati, ma anche capire che senza una governance efficace e una maggiore legittimità democratica, non riusciremo a colmare il gap di sfiducia che si è creato in questi anni.
Pensiamoci: negli anni della grande spinta all’integrazione europea, scelte coraggiose e lungimiranti come quelle dei fondi di coesione hanno permesso un avvicinamento sempre maggiore dei Paesi Ue. La sfida del nostro tempo è quella di creare un bilancio comune della zona euro che completi il piano Juncker dotando l’Unione dei mezzi necessari per sostenere gli investimenti e per attivare politiche anticicliche, laddove ve ne fosse bisogno.
Rafforzare l’Unione significa anche dotarla di una governance efficace: non è possibile delegare tutto ai negoziati notturni, come troppo spesso è accaduto, specialmente negli ultimi anni. Per questo abbiamo lavorato e continuiamo a farlo affinché alcune semplici proposte possano essere adottate: un presidente stabile dell’Eurogruppo, un parlamento della zona euro. Dobbiamo occuparci di costruire, non solo di riparare.
Costruire significa puntare su più crescita, più investimento e più occupazione. Più ambizione europea e più solidarietà. L’euro è stato uno straordinario progetto monetario, ora deve tornare a essere anche un grande progetto politico.